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Alcuni personaggi del passato che hanno caratterizzato la storia del paese

Edoardo (Scoccimarro): elettricista da giovane e poi bottegaio, era un tipo colto e sempre informato, nonostante fosse completamente autodidatta. Uomo di sani principi morali e dal carattere energico, era solito andare a piedi fino a Montereale e ritorno per l’acquisto della merce fino a tarda età.

Tullio (Cicchetti): vignaiolo fino agli anni ’70, era considerato il filosofo del paese per via dei suoi motti che rifilava in ogni occasione, perché come sosteneva lui “quanno l’Aringo dorme, Cicchetti studia!” Tra i più celebri che si ricordano ancora oggi: “A ‘sto paese lu più ‘struito è n’analfabeta” e “Sàrvate dal tedesco in tempo de guerra e dall’italiano in tempo de pace!”

Alfredo & Giovannina (Chiacchieretta & Vento): coppia di agricoltori del passato, lui era l’esperto che si intendeva di tutto. Avevano un orto che coltivavano con molta cura in prossimità del bivio con la strada verso il Poggio e ogni volta che dei ragazzi si mettevano a giocare con un pallone nelle vicinanze, nascevano discussioni molto accese.

Sabatino & Paolina Partenza: coppia di altri tempi, lui era un pastore dal tipico intercalare “insomma, insomma!” e un grande poeta a braccio.

Giggetto: persona sempre allegra, sorridente e pronta a raccontare aneddoti del passato ai giovani. Viveva nella casa accanto alla chiesa al centro del paese.

Fellice (Sfilatino): persona dal carattere mite, sempre allegro, si prestava come soggetto per tirare scherzi agli altri. Bravo prosatore, era un appassionato rappresentante della poesia a braccio e invincibile giocatore della morra.

Marola: era una signora molto timida, introversa, ma dal carattere mite. Rimasta vedova, si adoperava sempre per aiutare il prossimo.

Andrea (Topazio): uno dei soci fondatori dell’Aringo Club, lo ricordiamo ancora oggi per la sua severità nel far rispettare le regole e il buon comportamento, in particolare gli orari di ingresso e di chiusura delle strutture dell’associazione, soprattutto ai ragazzi più giovani.

Mariano (Maestrino): era un muratore talmente bravo, esperto e competente da poter insegnare l’arte di costruire (da qui il soprannome). Lavorava spesso insieme ad Edoardo, ma erano tanto esperti quanto lunghi nel portare a termine i lavori. Infatti Cicchetti usava dire ai più giovani: “se non te voi sposà, fatte costruì la casa da Maestrino e l’impianto elettrico da Edoardo!”

Guido (Chiaétta): era un agricoltore talmente magro e agile che riusciva a passare ovunque, anche nei posti più stretti e difficoltosi (soprattutto nei boschi), tanto da essere paragonato ad una piccola chiave. Aveva la curiosa abitudine di lanciare il cappello per far divertire i più giovani.

Sòra Pasqua: moglie di Celestino, che acquistò negli anni ’40 la grande villa del paese, con il suo nome ancora oggi viene indicata la villa. Rimasta vedova, in età matura diventò la perpetua del parroco di Aringo fino agli anni ’70.

Gino e Emidio (Panzone e Scardazza): bravissimi, famosi ed indimenticabili suonatori di organetto. I veri protagonisti dei numerosi eventi danzanti di un tempo come cerimonie, feste popolari e serate estive. Sempre disponibili, hanno portato allegria facendo ballare e scatenare le generazioni passate con le note del saltarello abruzzese.

Armando (Capoccia): insieme ad Edoardo era uno dei più conosciuti bottegai del paese di un tempo. Vendeva carne, vino e generi alimentari nella piazza principale. Persona dal carattere allegro e grande giocatore di morra, si ricorda ancora oggi per gli scherzi che faceva agli altri, soprattutto a lu Lebbre.

Carluccio: veterinario, grande saggio e conoscitore di cure e rimedi contro i malanni a base di prodotti naturali. Esperto di tisane e infusi con ogni tipo di erbe.

Orlando (Masciocchi): persona di nobili principi ed esperto fungarolo di S. Lucia, girava spesso con una vecchia e rumorosa moto. Quando la sera non poteva tornare al suo paese, era solito entrare nella vecchia chiesetta della Madonna del Loreto, coricarsi sul tavolone di marmo che ospitava le bare durante i funerali e coprirsi con il tipico drappo viola.

Candeloro (Cannella): fratello di Chiaétta, era molto conosciuto in passato nella zona perché faceva il sensale alle fiere durante la vendita di bestiame. Grande danzatore di saltarello, dal carattere sempre allegro, per i suoi spostamenti usava muoversi in compagnia della sua inseparabile asina Rondinella.

Rosa (della Fiòra): persona sempre allegra, sorridente e dal carattere energico, era molto disponibile soprattutto in famiglia con figli e nipoti. Grande danzatrice di saltarello abruzzese fino a tarda età, la ricordiamo ancora oggi perchè era solita scherzare spesso e avere sempre la battuta pronta, molto spesso con espressioni colorite.

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Angeluccio: Figlio di Lorenzo (detto Lu Grillo), era il campanaro del paese, l’amico di tutti e il nonno di tutti. Lo ricorderemo sempre per il suo sorriso, la sua ironia, la voglia di divertirsi e di divertire che l’hanno caratterizzato e accompagnato fino agli ultimi istanti della sua vita. Tutti coloro che lo hanno conosciuto portano ancora oggi con sé un ricordo di qualche momento divertente passato con lui.

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Antonietta: detta ‘Ndonietta, nacque i primi di giugno del 1906 ma nessuno seppe mai con esattezza il giorno preciso, poiché all’epoca non sempre si trovava il tempo per recarsi a Montereale a registrare le nascite. Persona piuttosto riservata, non si esponeva, usciva poco, ma con i nipoti era adorabile, attenta e molto presente. Ancora oggi si ricordano che da bambini lei usava cantare a tutti loro una filastrocca che avrebbe avuto il potere di far uscire le lumache dal guscio: “Ciuccola, ciuccola, ciammaruca, ha detto Michele che cacci lu fele… ha detto Madonna che cacci le corna…

Lu Lebbre: muratore, contadino, grande suonatore di ciaramelle del passato. Come Sfilatino, si prestava spesso come soggetto volontario di scherzi.

Amedeo: era il falegname del paese, sempre allegro e disponibile con gli altri, nei suoi discorsi per ogni parola trovava la rima. Aveva la bottega accanto alla chiesetta della Madonna del Loreto e quando costruiva le bare per i funerali, le disponeva a terra lungo il vicolo per farle asciugare all’aperto.